L'epica del calcio

Ai tanti colleghi che mi chiedono perché in questi giorni io sia così depresso, addolorato, scostante rispondo francamente che sto ancora male per la sconfitta della juve. Chi sa, capisce. Persino gli interisti a cui sia rimasto un briciolo d’anima sportiva.

Ma i più, mi guardano strano. Pensano ad una qualche forma di masochistica ironia, ad un alibi per psicosi inconfessate, ad una probabile idiozia senile, od ad un infantilismo cronico. E partono d’acchito sorrisi di compatimento, e il facile sarcasmo, e le espressioni adulte di scandalo e stupore.

Già, perché un esimio professore nonché probo amministratore non può essere così patetico da stare male per una partita di calcio.

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Uguali, ma diversi


[risposta ad un'intervista, pubblicata su http://mosaicotfa.blogspot.it]

 

Nell’ambito della sua esperienza di docente di italiano ha riscontrato differenze sostanziali fra la generazione presente, generalmente definita col termine ormai abusato di “nativi digitali”, e le precedenti? Se sì, in cosa?

 

No e sì.

 

Per molti aspetti i ragazzi di oggi sono uguali ai ragazzi di ieri. I ragazzi di oggi, come i ragazzi di ieri, ridono, piangono, corrono, cazzeggiano, imprecano, talvolta pregano… Si abbandonano trepidi ai riti delle seduzioni, si baciano sotto i portoni, si amano, si lasciano, si commuovono per un tramonto sul mare… Cercano l’amico del cuore, vivono nel sogno di poi, si sentono belli o brutti, desiderati o reietti.

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Io non sono pessimista:

Io non sono pessimista: sono un ottimista bene informato.

Mi hanno chiamato a dire qualcosa sull’uso delle “nuove” tecnologie a scuola. Qualcosa di bello, di stimolante, di motivante.

Io so che la rivoluzione digitale è cosa buona e giusta.

E che è bella, leggera, ventosa, intrigante, comoda, indossabile.

Con l’iPad mi porto il mondo che voglio, dove voglio, quando voglio.

Anche qui ed ora, sul mio balcone, con una tazza di té, la brezza fra gli alberi e la gatta sulle ginocchia.

Quella digitale è una rivoluzione gentile, ecologica, elegante, sottilmente intelligente ed ironica.

Ovunque. Tranne a scuola.

Per cui, non so se riuscirò a dire cose carine e motivanti sulle nuove tecnologie a scuola.

Perché la scuola fa di tutto per trasformare la leggerezza in pesantezza. La semplicità in complessità. La libertà in costrizione. La bellezza in grigiore. La creatività in prescrizione. L’apprendimenti in istruzione.

Per far entrare un po’ di aria fresca nell’infilata grigia di aule grigie basterebbe dire ai nostri ragazzi di aprire la finestra che hanno in tasca. O nello zaino.

E respirare il vento di cime tempestose, e il profumo delle ninfee, e il sole di Montmartre e l’inno alla gioia. E salutare il viandante sul mare di nebbia mentre leggiamo la ballata del vecchio marinaio ascoltando un notturno di Chopin.

Già, basterebbe. Ma…

No, non sono pessimista: sono un ottimista bene informato.

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Di vino, di frati e di pavidi educatori

Nominato da una mia possibile nuora, ho accettato pubblicamente la sfida. Un gioco che mi dicono si chiami “NekNomination”. Si tratta, in pratica, di bere un bicchiere di qualcosa di alcolico a goccia. Cioè tutto d’un fiato. E poi di pubblicare il video dell’impresa su facebook e di nominare altri tre partecipanti. Una catena di santantonio un po’ cretina e, dicono, pericolosa.

La mia prima reazione è stata quella di non stare al gioco. In fondo, mi sono detto, sono un educatore. Anzi: un educatore al cubo: sono papà, insegnante, vicepreside. E persino amministratore di una cittadina ridente ed importante.

Ma poi ci ho ripensato. Perché, in fondo, rinunciare sarebbe stato un atteggiamento farisaico. Da sepolcro imbiancato. 

 

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Educare alla caduta

Io non so se esistono educatori perfetti: stando ai rimproveri di qualche collega, forse sì: forse esiste il docente (il genitore, l’amministratore) che non fuma, non beve, non impreca, non desidera la donna d’altri, divide l’etichetta di carta dalla bustina del tè per la differenziata, non prende psicofarmaci, non si incazza, crede nell’omeopatia, non molla un calcio in culo ai figli, spegne la luce dell’ufficio quando esce, ha tutte le fatture del dentista e tutte le ricevute del parrucchiere.

 

Io non sono perfetto. Né come umano, né come educatore.

E noi che non siamo perfetti, ogni tanto sbagliamo. Ogni tanto rischiamo. Ogni tanto cadiamo. E magari ci facciamo male. Molto male.

 

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Scuola a rischio zero?

Ci pensavo proprio oggi pensando ai miei figli. Alex ha 24 anni. Luca 22. Non hanno mai fatto a botte. Niente occhi neri. Niente sampietrini in testa. Niente corse pazze per sfuggire al branco assatanato. Niente…

 

Io, qualche volta, sono tornato a casa pesto e sanguinante. E mia madre, che non si beveva improbabili storie di cadute in bicicletta, mi pestava ancora senza tante spiegazioni.

Ricordo una delle tante volte che mi scazzottai con Luciano. Io riuscii a pestarlo un bel po’, ma lui, quasi mi cavò un occhio con un pugno disperato. Quando arrivai a casa, mia madre mi cazziò e me le diede di brutto con un bastone (relativamente piccolo e flessibile, però!).

 

 

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L'evoluzione del castoro

non so nulla del castoro. ma immagino che viva in riva ad un torrente, che dorma quando ha sonno, che mangi quando ha fame, che lavori quando deve, che di tanto in tanto ammicchi alle castorine.

noi ci crediamo l’evoluzione del castoro. Ma:


lavoriamo, corriamo, ci incasiniamo, ci deprimiamo, lavoriamo, urliamo, litighiamo, lavoriamo, ingoiamo, corriamo, lavoriamo, guadagniamo, risparmiamo…

…per poterci permettere qualche volta all'anno una settimana da castoro.

...è vero, prof!

è vero, ma…

 

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