l’autoerotismo testuale

anni fa tenevo un blog su splinder. una piattaforma molto affollata allora, ed ora sepolta. ci scrivevo quasi quotidianamente.  anche se avevo pochi lettori. anche se spesso nessuno leggeva.

 

un bel giorno sono stato ferito dall'articolo di un amico blogger - già molto conteso e famoso – che si lamentava per le centinaia di blogger sfigati che infestavano il web di testi straccioni che nessuno leggeva.

 

io ero uno di quei blogger sfigati.

 

così spedii all'amico giuseppe un commento di lacrime e sale. che ho riesumato. 

 

ok! non ho che 2, forse tre, lettori. eppure scrivo lo stesso. perché scrivo per me. lo so benissimo, caro giuseppe che l’unità di un testo non sta nella sua origine, ma nella sua destinazione. che è romanticamente giurassico scrivere per se stessi. che solo la partecipazione immaginativa del lettore fa vivere il messaggio.

 

lo so bene giuseppe. sono cresciuto a pane e barthes. ho condiviso gli echi di lector in fabula. e ho visto joyce influenzare cervantes. eppure scrivo per me stesso.

 

certo: sapere che qualcuno legge i tuoi post è meglio. scoprire un commento – anche uno solo – ad una tua alchimia testuale è adrenalinico. come trovare il sorriso di una ragazza. o il riflesso della carne promettente fra gli spacchi di una gonna appena attillata. dopo un commento. dopo un sorriso verbale. dopo la promessa di amplessi virtuali. ti viene voglia di scrivere ancora. e ancora. e quasi trattieni il fiato cercando il numerino rivelatore sotto l’ultimo post. ma io scrivo lo stesso. anche se quel numerino è sempre assai prossimo allo zero assoluto.

 

sogniamo un po’ tutti di diventare scrittori veri. di essere pubblicati. e letti. ed essere additati. ed invitati al talk show. e ai vernissage del villaggio inglobale.

 

ma io scrivo lo stesso. anche se non ho lettori. e non sarò mai invitato a fingere alchimie verbali in diretta.

scrivo perché non voglio privarmi del piacere della scrittura. come uno che non vuole privarsi del piacere del sesso solo perché privo di una donna.

 

l’autoerotismo testuale è come l’onanismo sessuale.

 

meno intenso, meno sfoggiabile. ma comunque amaramente piacevole.

 

[pausa caffè]

 

si potrebbe obiettare che per praticare l’onanismo testuale non è necessario scomodare il web. basta un qualsiasi brogliaccio cartaceo da chiudere nel cassetto.

 

ma. ma c’è un altro masochistico piacere che insidia il blogger solitario: la sindrome del messaggio nella bottiglia. il post è come quel messaggio imbottigliato che il naufrago lancia in pasto alla risacca. o come la disperata rotta dell’onanista perso che vaga fra i quartieri sconosciuti nell'illusione di imbattersi nella sua altra storia.

 

così, ammaro le mie storte sillabe fra i quartieri periferici del web nell'illusione vitrea di imbattermi nella mia altra storia. anche se so benissimo, caro giuseppe, che chi scrive sperando…

 

[pausa sigaretta] [anche se non fumo] 

 

e poi. chi scrive per se stesso, non è vero che non ha lettori. ha se stesso. ha i se stessi. io lettore sono altro dall’io scrittore. e sono tanti lettori diversi.

già trovo straniante incontrare il me stesso di qualche giorno fa.

 

sarà ancor più straniante, fra qualche anno, incontrare l’io scrittore di oggi.

 

dunque scrivo. per me stesso. per i miei me stessi.

 

anche se in fondo, caro giuseppe, temo proprio che tu abbia ragione. quelli come me, sono pallidi untori che appestano il web con scritti straccioni.